27 mag 2017

Il capolavoro



 
TITOLO: Il capolavoro
AUTORE: Cinzia Tani
GENERE: Storico
PREZZO:  17 euro
PREZZO EBOOK: 9,99 euro
CASA EDITRICE: Mondadori

TRAMA
Ushuaia, 1978. Cristina Torres è una bella ragazza ventottenne che fa la guida alpina sui ghiacciai. Tornando a casa dopo un'escursione scopre che la madre è stata uccisa e il padre è scomparso, mentre un altro misterioso omicidio avviene nella apparentemente tranquilla cittadina della Terra del Fuoco. Tra Cristina e il padre Roberto c'è un rapporto molto speciale da quando l'uomo l'ha adottata all'età di cinque anni e l'ha educata con infinito amore e dedizione per farne il proprio "capolavoro".
Decisa a ritrovarlo a tutti i costi, Cristina parte per un viaggio che la porterà dalla Patagonia fino a Buenos Aires, attraverso un paese oppresso dalla dittatura di Videla.
In parallelo seguiamo le vicende di Dominic Klammer, un neurologo che nella Germania nazista prende parte al progetto dell'Aktion T4 nel castello di Hartheim, cercando di contrastare il protocollo volto all'eliminazione dei malati di mente. La sua è una lotta silenziosa, clandestina, che gli permette di salvare molte vite. Nel 1945, quando Berlino è assediata dalle bombe e i russi sono alle porte, Dominic conosce la dolce Magdalena che lo salva dalle macerie. La sua vita è a una svolta.

RECENSIONE
Mi si consenta giusto un’osservazione: che razza di definizione è “Narrativa italiana moderna e contemporanea (dopo il 1945)”?
Devo perdere cinque minuti della mia vita a digitare questa assurda definizione anziché “romanzo storico”?!
Cinzia Tani è una bravissima scrittrice, di lei avevo già letto “Assassine” (ecco piuttosto, dovrò recensirlo!) dunque non avevo dubbi su questo libro.
Solo che...
No dai, partiamo dal principio.
La storia è bella, non poteva essere altrimenti. Snodandosi fra la Seconda Guerra Mondiale (ma ci avete fatto caso che tutti prima o poi scrivono su questo argomento? È ancora un filone di tendenza, in fin dei conti, un po’ come scrivere sui vampiri) e l’America Latina delle grandi dittature l’autrice interseca i destini di Cristina, Dominic e delle persone che costellano le loro vite.
Richiama un po’ “Il vincitore è solo” di Coelho per il modo di intrecciare i destini dei personaggi saltando da un’epoca all’altra, da un ricordo all’altro, da un protagonista all’altro.
Per fortuna è giostrato bene, quindi non pesa.
Cos’è che allora mi fa storcere il naso?
Lo stile narrativo.
Non trattandosi di un breve romanzo introspettivo, né di una grande opera epistolare con annesso rischio sonnifero (vedere Marguerite Yourcenar e il suo Adriano, che ce ne scampino!) leggere 357 pagine scritte in prima persona presente indicativo è come sapere di dovere andare a scuola e avere un compito di matematica, un’interrogazione di greco e una versione di latino.
Meglio prendere il martello di Harley Quinn e darselo sulle ginocchia, per intendersi.
Capisco tutto, ma non sempre questa nuova idea del “oh sì, raccontiamo tutto come se stesse accadendo adesso” funziona: bisogna capire quando è il caso di usare questo stile narrativo e quando il caro, vecchio, rassicurante “c’era una volta, terza persona singolare, tempo passato remoto”.
Alla fine del libro ero così contenta che sono uscita fuori a farmi una passeggiata al parco, tanto per liberarmi la mente dal peso di una narrazione che scorre a fatica. Come il Mister Muscolo quando hai il lavandino ingorgato.
Perciò mi spiace tanto, ma il nuovo romanzo di Cinzia Tani non incontra la mia completa simpatia.
Non è da buttare, si intenda, però non è neppure uno dei migliori libri dell’autrice.

“Cristina si volta di scatto perché un gabbiano le passa a pochi centimetri dalla testa stridendo forte.”

GIUDIZIO
Non va né su né giù, come la parmigiana di melanzane di mia nonna.